L'APPROPRIAZIONE DELL'ARCHETIPO Di Rossella Iorio
Partiamo dal basso e ragioniamo insieme. Qual è il senso di esporre l'arte della strada in una galleria? Perchè l'operazione non dovrebbe rappresentare di per sé una fastidiosa contraddizione, peraltro ultimamente tanto di moda. Credo che il concetto di appropriazione, alla base della filosofia dell'arte contemporanea aiuti ad avvicinarsi ad una possibile spiegazione, ad uno scioglimento della difficoltà interpretativa: ciò che è peculiare alla nostra contemporaneità, ciò che potrebbe segnare una differenza, non è l'utilizzo o la produzione di materiale artistico legato ad un determinato stile, ma la produttività consapevole del meccanismo entro cui viene inserito, entro cui si vuole far funzionare. Così i quadri ad olio proposti per Street Corners da Kunos sono, prima di tutto, la rappresentazione ragionata di alcune idee fondanti nella produzione dell'artista. Ragionata perchè l'istintività gestuale, l'immediatezza grafica e materica della Street Art, vengono detournati, ridimensionati momentaneamente da un attento labor limae. La necessità diventa quella di presentare l'archetipo personale che viaggia sotto la sua produzione di immagini. Un percorso di (auto) conoscenza capace poi di esplodere nuovamente verso il fuori. Il gesto istintivo, l'intuizione della forma, l'espressione pura definita dal momento e nel momento, viene violentato per riuscire a far affiorare la solidità materica e figurativa dell'immagine. Così nascono le conformazioni metamorfiche, quasi assemblage pittorici di lame taglienti e dai colori brillanti e smaltati, che diventano sensazioni (Senza titolo, Rabbia al mattino) e animali simbolici (Gallo verde, Barbagianni rosa, Bluebird). Ma la ricerca di Kunos non si arresta qui e tende a legarsi direttamente alla simbologia orientale (Yin e Yang), all'intuizione del muoversi delle forme globulari e fluide che è già appartenuta alla ricerca del biomorfismo informale americano di Gorky e Baziotes (D.N.M.O - Dinamismo Naturale della Materia Organica; D.N.M.O. 2), al procedimento ironico surrealista che associa immagine e parola (E' uno sporco lavoro ma qualcuno deve pur farlo), all’interpretazione assolutamente personale della componente psico-analitica dell’arte contemporanea (Rorschach #1 – I due elefanti, Rorschach #2 – Il sigillo di Salomone), in cui l’immagine casuale viene fatta funzionare come sfondo da cui far emergere le sensazioni visuali dell’artista. Il simbolo quindi diventa il collante che Kunos sfrutta, di cui si appropria prepotentemente per riaffermarlo dopo averlo fatto suo. Il simbolo archetipico viene eletto a significare e a tracciare un percorso di ricerca nella Storia delle Immagini, prendendo ispirazione da ogni tipo di materiale trovato al suo interno: dall’informale alle incisioni medievali, dal surrealismo alla visione nitida e “digitale” dell’iperrealismo, dal riutilizzo misurato di simboli massonici legati ai cicli vitali alla loro interpretazione visiva in chiave antagonista. Le possibilità di lettura delle opere di Kunos diventano così simile a quelle di un palinsesto, una lettura stratificata e in profondità, che sebbene escluda un approccio comunicativo situazionista, legato con un filo diretto al luogo e al momento, ne estrapola le significazioni essenziali attivando molteplici processi di appropriazione, senza escludere peraltro lo spazio (la galleria ne è una possibile declinazione) e gettando una arco di ponte verso l’appropriazione e costruzione di un nuovo immaginario visuale personale e collettivo; verso l’appropriazione e la condivisione di un archetipo visuale capace di dialogare con i passati dell’Arte, di innescare movimenti di riattualizzazione. E se l’essenza dell’Arte contemporanea è quella di porre problemi, proprio l’accostamento di istintualità e ragionamento misurato, porterà inevitabilmente alla scoperta della faglia, alla risoluzione della problematicità come scissione operativa, come passaggio dalla limpidezza liscia del quadro ad olio alla confusione ruvida del muro, processo alchemico di scissione vicino alla personalità dell’artista, in un percorso simile a quello dei suoi esordi, in cui il writing 3D si è scisso nell’appropriazione di due percorsi separati, ma sempre connessi fra loro, percorsi di pura ricerca relativi rispettivamente alla calligrafia e alla immaginifica archetipicità della sua produzione figurativa. |