Marta Bohorquez CORPO PRESENTE a cura di Rossella Iorio fotografa: Romina Antico performers: Marta Bohorquez > Romina Antico > Rossella Iorio
La multimedialità dell'installazione di Corpo presente ha la precisa intenzione di cogliere/accogliere e fissare, per moltiplicare e dimostrare la potenza del movimento, che sia esso prettamente tecnico artistico, performato, sonoro, del ricordo, del sogno o del simbolo, tensione fra passato e presente, energia del corpo capace di tracciare il percorso inverso fino alla struttura essenziale del momento/movimento primordiale.
La percezione della nitidezza visuale di un'immagine raramente corrisponde alla comprensione immediata dell'insieme di complessità che ne hanno determinato la nascita. Alcune creazioni talvolta sembrano apparire più come frutto di un processo di sottrazione di materiale, che rivela l'essenza di immagine già contenuta nel supporto visivo, com'è proprio della scultura; o dal processo di corrosione dell'acido di un'acquaforte che marca, ferendo, anche lì per sottrazione, la matrice, delimitando con precisione solo lo spazio che è stato precedentemente liberato dall'oscurità. Dialettica quindi fra corpi inanimati e corpi che vedono la vita (attraverso la visione), fra azione del buio e della luce. Così immagino il procedere artistico di Marta Bohorquez, un processo dialettico che mai si compone, e che riesce a trovare un istante di precario equilibrio nel tratto metallico che incide con aggressività la carta e si chiarifica dunque nella specificità dell'azione.
L'apparizione delle gitane, figure forti e solide, esprime l'affermazione di un mito dell'originario personale e collettivo che continua ad essere attivo nella contemporaneità. Le gitane dai tratti del viso così diversi tra loro ci parlano con un lessico visivo ibrido. La natura ne è il polo di attrazione. Ma si tratta di una natura tanto evidente quanto simbolica. L'albero è una personificazione dell'artista, dialogante ma stilisticamente incoerente, per farne un'affermazione soggettiva, rispetto al resto della composizione. L'albero come condensazione temporale di istantanee provenienti da mondi temporali diversi, in cui la cattura del momento presente attraverso la visione appartiene già, per sua stessa struttura, a passati diversi. La donna toro, figura del piacere masochista dell'essere posseduti da un potere indifferente, enfatizza la sua stratificazione di immagine significante, in cui una lettura del potere aderente a dinamiche biopolitiche assolutamente attuali, si riversa nella rappresentazione di un ibrido dal sapore tradizionale. La corrida vista come lotta fra uomo e natura, viene completamente cambiata nei suoi segni essenziali: i tradizionali protagonisti uomini diventano qui donne, alla lotta si sostituisce una volontà di possedimento, alla crudezza della natura ferina un ibrido mascherato. Si tratta di un'immagine di transizione, che se ha il suo completamento positivo nella gitana che interagisce con l'albero e con cui ha un legame compositivo diretto, sembra derivare le sue forme sensuali dalla donna-fantoccio ancora completamente ricoperta dal bozzolo di stoffa a pois rossa e bianca, che caratterizza visivamente a sua volta i dolci pupazzi dall'attitudine apatica. Il segno/simbolo originario trovato nella fattura tipica della stoffa delle vesti andaluse chiude un percorso. Un concretissimo fil rouge ne rilancia immediatamente un altro, che attraversa l'epidermide a pois dei fantocci, della donna-pupazzo, attraversa una schiena cucita da una mano estranea e si trasforma in rosse catene alle caviglie. I piedi schiavi sembrano essere la vera immagine di un potere debole, com'è quello della gitana con la donna-toro (potrebbero essere i suoi piedi) e che trova un riscatto e una nuova dimensione di esistenza nella riflessione della figura statuaria che interagisce con i fili che pendono dai rami dell'albero, come linfa vitale, come vene di sangue.
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