L’artista prende in prestito elementi decorativi dell’architettura classica con i quali costruisce dettagli di scenografie all’interno dello spazio.
Dopo l'esperienza autunnale al Castello di Rivara – Centro d’Arte Contemporanea con la mostra personale “Frammenti di un canto”, la galleria franzpaludetto presenta nel suo spazio torinese una selezione di opere di Adriano Campisi.
L’artista prende in prestito elementi decorativi dell’architettura classica con i quali costruisce dettagli di scenografie all’interno dello spazio. Una cura particolare è riposta nell’accostamento dei materiali scelti. Le tele di diverse dimensioni sono arbitrariamente rivestite di tessuti damascati pregiati o di cemento da cantiere, rasato e spatolato. Sui telai sono disposti a loro volta calchi di marcapiani (i moduli comunemente usati in architettura per decorare le facciate dei palazzi e definire i piani in altezza) realizzati in gesso e finemente profilati. Queste mini-porzioni architettoniche rivelano, in sezione, la plasticità estetica del gesso congelando l’attimo in cui la materia viva si addensa e diventa forma.
La stabilità delle composizioni create da Campisi è impeccabile eppure la visione che si ferma su ciascun dettaglio è inquieta. Copie di vasi, bianchissimi o neri, e altri oggetti sembrano dimenticati, forse solo appoggiati, sui finti marcapiani o sui frammenti di telai. Vasi e oggetti trovano posto su questi altari a parete e si caricano di un’aurea mistica. Nella dimensione in cui sono collocati, in angoli troppo alti o in equilibri troppo precari, simulano sacri arredi di una cerimonia, irraggiungibili e intoccabili.
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