Dystown, prima personale italiana dell’artista tedesco Martin Kobe raccoglie i frutti degli ultimi due anni di lavoro dell’artista. Le sue tele catturano e restituiscono le impressioni di un uomo nato durante la Repubblica Democratica Tedesca, che ha fatto dell’architettura la sua ossessione. Punto di partenza è la personale collezione di disegni e fotografie di viaggio, che comprende una miriade di rimandi storico-artistici, da Piranesi alla Bauhaus. Ne risultano immagini visionarie e senza tempo, in bilico tra realtà e finzione, congelate in una nuova metafisica dove le forme architettoniche si limitano appena a suggerire le fonti, sussurrando un’ambientazione o un edificio senza permetterne il riconoscimento. Un labirinto di facciate sospese e di travi convergenti, che si intersecano attirando lo spettatore in un flusso di spazio per cui anche i vuoti vengono letti come pura superficie. I colori, stridenti anche quando lasciano emergere le forme in trasparenza, e la luce netta che irradia le superfici, servono all’artista per creare una frattura strutturale che rompa la lettura letterale dello spazio pittorico, così da dare vita ad un’utopia distorta, in cui l’architettura più razionale viene fagocitata da un dipinto espressionista ed astratto, creando una tensione tra il tecnico e l’organico, tra spazio fisico ed emozionale.
Black Mass, prima personale italiana dell’artista canadese Jason Gringler. si compone di una monumentale installazione site-specific da parete intitolata Untitled (Biography / Second Version), che si configura in una griglia di specchi frammentati che costituiscono alternanze geometriche continue di positivo e negativo. Si tratta di un lavoro intimidatorio in cui lo spettatore, riflettendosi, diviene parte di una struttura convulsa e multidirezionale. Lo specchio agisce come una finestra di accesso nel lavoro di Gringler, il quale distilla il paesaggio urbano che circonda il suo studio di Brooklyn, condensandone il rumore visivo delle aree industriali. I volumi sono spezzati da un solido monolite nero, un’imponente forma scultorea primaria che inibisce l’accesso agli spazi della galleria e si configura grazie alla sua posizione, in una sorta di ready made che gli consente di contribuire all’organizzazione del caos, mentre l’ambiente circostante è corredato dalle opere dell’artista, altrettanto caratterizzate dalla propria presenza fisica e solenne. I materiali industriali come il plexiglas, lo specchio, l’acrilico e la vernice spray vengono sezionati e sovrapposti per restituire, attraverso riflessi di luce e astrazioni, una profondità inquietante su di un piano bidimensionale.
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