"Vecchi e vastasi" è un racconto su cosa ne facciamo di noi stessi, come ci trasformiamo, cosa ci perdiamo per strada fino a svegliarci una mattina con un corpo diverso, sconosciuto, ma anche diversi dentro. "Vecchi e Vastasi", eterni Adamo ed Eva, in cerca di un "paradiso" che non siamo capaci di goderci. I due personaggi sono liberamente ispirati alla prima scena del secondo atto di "San Giovanni Decollato" di Nino Marotglio. Sono archetipi esagerati, sempre uguali a se stessi, ma sempre attuali come può esserlo uno specchio dell’anima.
Herlaking
presenta
“V” VECCHI E VASTASI
di Cristina Coltelli e Daniele Tommasi da un'idea di Cristina Coltelli Con Marcella Colaianni e Cristina Coltelli e la Collaborazione Staordinaria di Angelo Ruoppolo Maschere Finbarr Ryan Musiche Antonio Guida Luci Daniele Collura Fonica Ciro Battaglia Regia Cristina Coltelli
24 GIUGNO ore 21:30 - TEATRO GARIBALDI APERTO (Palermo)
Vastaso in dialetto siciliano vuol dire “uomo rozzo, non educato, facchino”. Nel corso dei tempi i siciliani ne hanno creato delle varianti a seconda della gravità della colpa: Vastaseddu, Vastasunazzu o Gran Vastasunazzo che sembra quasi un titolo di alta responsabilità all’interno di una setta massonica rurale. L’accezione è certamente negativa, tuttavia questo non impedì nel corso del '700, di battezzare col nome di Vastasate una particolare forma di rappresentazione teatrale diretta discendente (nella forma, nell’uso dei tipi fissi) dei Canovacci di Commedia dell’Arte classica. Il Vastaso è dunque deprecabile, in termini di ordine costituito, ma diviene specchio grottesco dell’umanità quando incontra la rappresentazione pubblica popolare, così come i buffoni, i fool, gli zanni e tutto il loro sconfinato repertorio di“oscenità”. VECCHI E VASTASI è un racconto su cosa ne facciamo di noi stessi, come ci trasformiamo, cosa ci perdiamo per strada fino a svegliarci una mattina con un corpo diverso, sconosciuto, ma anche diversi dentro. Vecchi e Vastasi, eterni Adamo ed Eva in cerca di un “paradiso” che non siamo capaci di goderci. I due personaggi sono liberamente ispirati alla prima scena del secondo atto di “San Giovanni Decollato” di Nino Marotglio. Sono archetipi esagerati, sempre uguali a se stessi, ma sempre attuali come può esserlo uno specchio dell’anima. Per scrivere la loro storia ho usato le maschere e soprattutto le tecniche della Commedia dell’Arte classica, così come la stessa scrittura di Martoglio suggerisce. Il mondo dei due vecchietti si snoda tra lazzi e tormentoni surreali, buffi e rassicuranti a volte, spiazzanti e senza pietà altre, con l’apporto di quello straordinario strumento di linguaggio che è la maschera che va a toccare corde antiche e che opera sui sensi prima ancora che sull’intelletto.
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