I NOSTRI TEMPI dai romanzi di Michele Perriera uno spettacolo scritto e diretto da Claudio Collovà
prima assoluta
con Sergio Basile Luigi Mezzanotte Serena Barone Salvatore Cantalupo Aurora Falcone Domenico Bravo
scene e costumi Enzo Venezia
luci Nino Annaloro
elaborazione video Carlo Di Paola
aiuto regia Antonio Lo Bue
ufficio stampa Roberto Giambrone
una produzione Teatro Biondo Stabile di Palermo
dal 15 marzo al 6 aprile 2012 Teatro Bellini di Palermo
ingresso 5,00 euro spettacolo in promozione in tutti i turni delle rappresentazioni
mattina per le scuole ore 10.30 34 aprile 2012
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I nostri tempi è l’ultimo romanzo scritto da Michele Perriera e racconta in chiave autobiografica di un uomo che cade e che spesso non riesce a mantenere la sua verticalità a causa della malattia. Questo movimento innaturale per un essere umano è stato l’incipit di uno spettacolo costruito su frammenti provenienti da tutta la narrativa dell’autore. Una costruzione del tutto arbitraria che si è eretta come un testo apocrifo, qui nato per la prima volta, che usa tuttavia solo ed esclusivamente le parole da lui scritte seppure in altri contesti e in altri romanzi. Ho letto, isolato, e poi collegato nuovamente in assoluta libertà, ma rispettando, a mio parere, il senso di un’opera che scritta da un solo uomo, rappresenta una parte di un corpus poetico vastissimo e afferma una visione del mondo univoca e coerente. I nostri tempi è diventato dunque il titolo del nostro spettacolo per debito all’immagine generatrice della nostra creazione ma anche come metafora di una caduta che tocca e influenza oggi il mondo del teatro, a cui Perriera ha legato la sua vita come regista, autore e maestro. Non ho voluto raccontare dell’autore, ma di un Uomo che può essere chiunque di noi alle prese con la sua battaglia solitaria con la morte, di un Uomo che attraversa tutte le soglie procedendo nel vortice – come direbbe T.S. Eliot. Passaggi inevitabili, a conclusione dei quali, come nel viaggio dell’esistenza, si finisce con il diventare angeli e poeti da salvare dall’oblio, dalla dimenticanza. Il lavoro procede per visioni, incontri, sogni in un mondo che sembra già appartenere alla confusa reminiscenza delle esperienze percorse in vita e in cui le figure – qui intese con forte allusione alla pittura – del fratello, dell’allievo, della madre e della ragazza suo amore lontano e giovane – sono incidenti e corto circuiti del protagonista che stenta a riconoscerli ora che si presentano a lui come incidenti della mente e di un corpo in lotta con la malattia e con l’estraneità. Tutto è sbilenco, inclinato, fortemente segnato dal disequilibrio di un’anima e persino l’ospedale che lo accoglie è segnato da traiettorie oblique e dalla distorsione del sogno. E piegato a questa logica appare pure il tempo che non offre appiglio alla conseguenzialità narrativa, ma procede per divagazioni, sbalzi, sussulti così come avviene per il pensiero. In questo viaggio – come nella tradizione – il signor M. che non verrà mai qui chiamato per nome ma che condivide con K. di Kafka l’ostinata ricerca di un senso – non è solo. Seguito, aiutato apparentemente da un Clown metafisico, da un ombra che spesso ordina gli avvenimenti con la magia come Cotrone e Prospero, e che presto avrà le sembianze di un Angelo nero e inesorabile nell’assecondare il destino di ogni uomo. E’ a lui che M. inconsapevole si affida per compiere il suo ultimo viaggio. Sullo sfondo Palermo, accennata per allusione e incanto, anch’essa colta come una costruzione di pezzi mancanti, il teatro luogo di risorsa e vitalità ma anch’esso segnato dal disfacimento dell’impossibilità, la famiglia vista come un frammentario luogo di affetti, ormai ricordo di una vita precedente. Abbiamo tutti noi con pazienza costruito passo dopo passo questo itinerario fantastico e reale insieme, guidati dalle bellissime parole di Michele Perriera, un linguaggio qui concreto e allusivo insieme, spesso ironico e denso di significati ma vivo come serve al teatro. I suoi testi hanno generato le nostre immagini, hanno reso vitale la nostra esperienza, hanno lentamente preso il posto giusto ordinando il magma iniziale. Non so se è un omaggio al poeta, allo scrittore, al drammaturgo. E’ sicuramente un dono che lui ci ha fatto e che noi abbiamo tentato di restituirgli, nella nostra piena autonomia e libertà creativa, una lettera d’amore scritta a lui e a nostro modo con le sue stesse parole. Un dono che abbiamo voluto tutti con grande intensità – artisti, dirigenti e tecnici che ringrazio infinitamente, al di là di ogni parola. Un dono del Teatro Stabile di Palermo che ha con convinzione sostenuto questa produzione per non dimenticare un poeta e un maestro che è nato, vissuto e ha lottato in questa nostra città con la forza del sentimento e la vitalità della passione.
Claudio Collovà Palermo 15 marzo 2012
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