Il riso è più divino, e anche più inafferrabile, delle lacrime (Georges Bataille)
Aristofane compone Uccelli, rappresentata per la prima volta alle Grandi Dionisie del 414 a.C., in un momento cruciale per la vita della democrazia ateniese, quando era da poco cominciata la spedizione ateniese in Sicilia, che si sarebbe risolta in una disfatta totale per Atene. Tra i testi più criptici del commediografo, è unanimemente considerato dalla critica la commedia dell’evasione totale anche se, ad una lettura attenta, tutto appare fuorché una commedia dell’evasione. Piuttosto, aprendo una interrogazione sul destino della forma-città e della forma-stato Divenire animale impone una riflessione sulle categorie del politico, sull’azione del potere e, esperienza non nuova per la letteratura antica, sulla relazione tra l’animale e l’umano.
Che questa interrogazione e questa domanda si attuino nella forma della commedia, di un riso lacerante, della battuta greve, dell’allusione evidente, della “sconcezza”, conferma ancora una volta il nesso tra riso-potere-oscenità già presente in Lysistrata. Primo studio sull’oscenità del potere, l’ultimo spettacolo di Astràgali Teatro, indagine sulle forme del comico. Dove la risata e la sfrenatezza si intrecciavano potentemente, rievocando l’antica primordiale risata di Demetra dinanzi alla vecchia Baubo e alla sua nudità, che aveva permesso alla dea di dimenticare per un attimo il dolore per la perdita di Persefone e alla terra di ritornare a vivere. E se a proposito di Lysistrata nelle note di regia era possibile leggere “… partire dal comico, dalla risata, dalla commedia. Muoversi nel terreno incerto della pancia, del bordo, dentro e fuori, origine del mondo, luogo dove si intrecciano piacere e vita. Là il potere rischia. Là il potere annoda il proprio legame col sapere”, Divenire animale interroga, con Baudrillard, la relazione tra polis-politica-polizia che costituisce la politeia. Esiste una prospettiva disancorata dalla polis, dalla politeia, esiste una dimensione disancorata dalla costruzione del muro, una dimensione in cui la vita si dia umana al di fuori delle forme della polis? Si può ‘divenire animali’ in una prospettiva non umana, scevra dall’addomesticamento (Deleuze), dall’assoggettamento e dal consumo?
“Mi pare che ci sia una questione sostanziale, quella della consapevolezza del fallimento della città. Che è propria di un momento così significativo di crisi. Dire c’è crisi, significa affermare con evidenza la crisi della politica. La polis per vivere ha bisogno di una forma di governo, la politica è l’esercizio della polis. Nella dialettica che esiste tra cittadino e barbaro, tra colui che è all’interno del ruolo di cittadino e colui che ne è escluso, è chiara la relazione tra ciò che è riconosciuto ed ha statuto di esistenza e colui che non è riconosciuto.”. (Fabio Tolledi, dagli appunti di lavoro)
E mentre le questioni appaiono stringenti, convocando alcune tra le contraddizioni più ineludibili della contemporaneità, in scena il lavoro degli attori è lieve, l’azione punta ad essere semplice ed essenziale, i corpi sono corpi danzanti, corpi che librano, corpi che non recitano ma parlano parole, in una ricerca d’attore dove è possibile, per ognuno dei corpi in scena, praticare il suono presso il proprio senso. Divenire animale, prima scrittura di una commedia per Fabio Tolledi da Uccelli di Aristofane e Attar, vede in scena : Lenia Gadaleta, Roberta Quarta, Serena Stifani, Fatima Sai, Antonio Palumbo, Gaetano Fidanza, Iula Marzulli, Manuela Mastria, Eleonice Mastria, Francis Léonési, Tiziana Pezzuto, Simonetta Rotundo, Stefania Romano, Chiara Verardi.
Consulenza filosofica: Benedetta Zaccarello. Musiche: Canio Fidanza e Gatano Fidanza. Regia: Fabio Tolledi Immagine manifesto: da un dipinto di Guglielmo Scozzi. Ufficio Stampa: Carla Petrachi, Manuela Mastria. Organizzazione: Ivano Gorgoni
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