Esiste una sola verità, ma nessun modo per esprimerla. A quelli che non sanno dire. O come dire. O quando dire. Sempre che ci sia qualcosa da dire.
Secondo tassello della Trilugia dell’impossibilità, ’A Cirimonia è uno spettacolo sull’inadeguatezza di qualsiasi verità. Due personaggi in scena (‘U masculu e ‘A fimmina), celebrano una cerimonia sghemba, che li obbliga a un dialogo apparentemente privo di senso, un dialogo straripante di paurosi silenzi che man mano si trasforma, esigendo un ritmo da tragedia e una musicalità surreale. I due personaggi, utilizzando un gioco grottesco, sono obbligati a ricordare, tentando di appigliarsi a un brandello di verità, ma inafferabile. Il tutto, in una lingua vivida, un palermitano violento e realistico che spiazza lo spettatore e lo opprime in un contesto visionario e squamoso.
La Compagnia del Tratto si occupa essenzialmente di nuove drammaturgie. Nasce a Palermo nel 2002, fondata da Rosario Palazzolo e Anton Giulio Pandolfo, con il sostegno di Delia Calò. Nel 2004 si arricchisce della presenza e la collaborazione dell'attrice Monica Andolina. Esordisce nella produzione di nuove drammaturgie nel 2008 con lo spettacolo Ciò che accadde all´improvviso. Dal 2009, si giova del contributo organizzativo di Tiziana Giordano. ‘A Cirimonia di Rosario Palazzolo è lo spettacolo con cui la compagnia ha vinto il premio internazionale Fringe L'altroFestival 2009, concorso dedicato alle nuove drammaturgie e alle nuove compagnie, organizzato dal 18° FIT - Festival Internazionale del Teatro - di Lugano (CH). La giuria si è così espressa: “Per la coerente ricerca drammaturgica e linguistica rappresentata con rigore e ritmo dai due bravi interpreti, che mettono in scena, beckettianamente, un fatto che, pur non appartenendo necessariamente ad un luogo specifico, ne assume tutte le sembianze grazie alla sapiente scrittura.” Ha partecipato inoltre alla 6° edizione del Festival Incontriteatrali 2010 a Lugano e ha ricevuto la menzione speciale al Premio In-Box2010, una rete di sostegno per la circuitazione del nuovo teatro, formata da alcune tra le più vivaci realtà teatrali toscane sotto la guida di Straligut Teatro. In seguito a quest'ultima, il 10 dicembre ‘A Cirimonia debutterà presso TeatrInScatola, la rassegna di teatro e teatro ragazzi che a Siena, dal 5 novembre al 19 dicembre, ritaglia uno spazio esclusivo dedicato al teatro indipendente italiano. Altra data toscana sarà il 12 marzo 2011 presso il teatro Margherita di Marcialla, all'interno della rassegna dal titolo Drammaturgie Sensibili.
'A Cirimonia di Rosario Palazzolo Trilugia dell'impossibilità Secondo atto: L'impossibilità della verità diretto e interpretato da Rosario Palazzolo e Anton Giulio Pandolfo assistenti alla regia Monica Andolina e Alessandro Palazzolo la voce del bambino è di Giulio Gulizzi la voce della bambina è di Delia Calò musiche originali di Francesco Di Fiore coproduzione Compagnia del Tratto e Teatro Libero Incontroazione - Stabile d'innovazione della Sicilia
“Dopo Ouminicch' (Palermo, 2007), ho deciso di comporre una Trilogia. Una Trilugia anzi, che serva a descrivere, partendo dalla concretezza della cultura siciliana, l'universalità delle relazioni umane, in un gioco di dissimulazioni e silenzi, di voracità e innocenza. Se in Ouminicch' l'oggetto dello scandaglio era la relazione fra l'uomo e la società, in ‘A Cirimonia si analizza il rapporto tra l'uomo e l'uomo, tra l'uomo e una qualsiasi altra singolarità. Secondo tassello della Trilugia, ‘A Cirimonia è uno spettacolo sulla solitudine, sull'impossibilità di parlarsi, sull'inadeguatezza di qualsiasi verità. Due personaggi in scena (‘U masculu e‘A fimmina), in un luogo che ha smesso di rivelarsi, celebrano una cerimonia sghemba, che si annuncia inutile. Una cerimonia che li obbliga a un dialogo che solo apparentemente è privo di senso, un dialogo straripante di silenzi pieni di paura che man mano si trasforma, che diviene urlo, esigendo un ritmo da tragedia e una musicalità surreale, in una perfetta idiosincrasia di stati d'animo. È una cerimonia che si ripete da anni, quella a cui il pubblico assiste. I due personaggi, utilizzando un gioco grottesco (‘u Mi ricord), sono obbligati a ricordare, tentando di appigliarsi a un qualche brandello di verità. Una verità, però, che inesorabilmente risulterà inafferrabile. Il tutto, in una lingua vivida, un palermitano violento e realistico che spiazza lo spettatore e lo opprime in un contesto visionario e squamoso. E poi la musica. Che assoggetta gli stati d'animo a un dolore (e a un torpore) indegno persino a pensarsi. La Trilugia dell'impossibilità , che si concluderà nel 2010, ha una poetica tesa all'annullamento di qualsiasi mera consolazione. Intende raccontare una realtà priva di conforto, che porti però a una presa di coscienza, a una rivoluzione dell'agire; propone storie vorticose e allegoriche, spesso farneticanti e ossessive, che costruiscono verità cagionevoli, che zoppicano nel tentativo di imporsi al potere, per poter essere qualcosa. Propone un percorso, innanzitutto, un percorso impercorribile, ma comunque opportuno, necessario. La Trilugia dell'impossibilità è una specie di bivio. Con nessuna uscita.” Rosario Palazzolo
Recensione di Diego Vincenti, Hystrio 1/2010 Frammenti di una festa malsana Buio. Una filastrocca per bambini, di quelle da film dell’orrore. E poi una torta e la sua candelina, un tentativo di festa, un uomo in abito da sposa a fare la fimmina, un altro a fare il cieco. Forse padre e figlio. Si festeggia (o forse no)? Ospiti invadenti, s’assiste a una cerimonia laica senza spiegazioni. Solo accenni. E i frammenti che arrivano non fan star bene. Anzi. Come quei silenzi, quelle frasi reiterate, quella sostanziale violenza di fondo che si respira fra la punteggiatura. Dopo il riuscito Ouminicch’, Rosario Palazzolo prosegue una ricerca drammaturgia sul concetto d’impossibilità, in questo caso la verità sfuggente di un nerissimo gioco delle tre carte teatrale. Del vedo e non vedo. Premiato all’ultimo Festival Internazionale del Teatro di Lugano, ’A cirimonia è spettacolo che si nutre d’(in)comunicabilità, senza i contorni borghesi antonioniani ma piuttosto con quella voracità di pancia di chi non comprende ma non può fare altrimenti. Che si ribella ma torna a casa. Nessun esistenzialismo, nessuna filosofia: puro malessere. E il dolore non va espresso, questione di decenza, che tanto non s’hanno vie d’uscita. In un dialetto palermitano spurio, la drammaturgia s’addentra più in profondità rispetto al passato, trovando nella reiterazione la forma privilegiata di sensi ed estetiche, con la conclusione nient’altro che nuovo (frustrante) inizio. Manca invece la regia, mai tesa quanto la parola, addirittura (s)persa quando s’addentra nel piano onirico. Il resto è l’interpretazione degli ottimi Palazzolo e Pandolfo a dar vita a un dialogo spigolosissimo che (ovviamente) diviene gioco fra uomo e donna, vittima e carnefice. “Mi ricordo, mi ricordo, mi ricordo…” ripetono instancabili. Ma si confondono, se ne fregano, la verità fa tremare le ginocchia, urlare. E così il sangue solo s’intravede alle spalle di uomini senza più purezza. Malsano.
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