“il sogno di un uomo ridicolo” 4ª RASSEGNA di MUSICA & TEATRO
presenta
25 Maggio 2010 – ore 21,00 KALATRASI per cuntare ci vuole un cervello
di e con Alberto Nicolino produzione: “LeCittàDelMondo” di Palermo
Kalatrasi è il racconto musicale e surreale di un viaggio in Sicilia alla ricerca di antichi racconti. Il legame di un giovane del Nord con la sua terra d'origine è il filo rosso che percorre l'indagine sulle forme del cunto siciliano. Fatti e personaggi reali di un paese del palermitano si trasformano in un affresco fantastico; il paese è senz'acqua, lo zu' Nino incontra i diavoli che l'hanno rubata, tutti la aspettano e alcuni la contrabbandano, Mastro Totò taglia barbe raccontando di Ulisse e Polifemo... il mondo della fiaba e della realtà si contaminano fino a confondersi in un unico viaggio. Sullo sfondo la Sicilia di oggi, in primo piano tre vecchi paesani che ci introducono nel mondo del racconto popolare. Alla vocalità del cunto si unisce la gestualità a volte astratta a volte quasi giullaresca dell'attore. Le musiche di chitarre e fisarmonica rievocano atmosfere da antiche serenate tracciando un percorso sonoro che corre parallelo e gioca ad incrociarsi con quello della scena.
“Piccolo Teatro Giancarlo Curto” via Pergusa, 13 - San Cataldo (CL).
Info: 3278694037 www.assotamtam.org
IL SOGNO DI UN UOMO CHE FA RIDERE I POLLI.
“Il teatro è arte ma è anche il luogo della parola, della comunicazione libera. Per noi uno strumento di salvezza. Bisogna difenderlo, il teatro, bisogna andarci e crederci, sostenerlo con la discussione e la presenza. Il teatro è insopprimibile, eterno, proprio perché non è uno strumento di consenso. Ci fa discutere magari ci divide: è l'essenza della democrazia non della falsa umanità.” (Giovanni Raboni)
“Il sogno di un uomo ridicolo” nasce il 21 Marzo 2007, nel Piccolo Teatro “Giancarlo Curto” di San Cataldo, con l'obbiettivo di creare un luogo dove potersi incontrare e fare cultura. Laddove la cultura non fosse scambiata per gli stuzzichini che servono gratuitamente al bar per accompagnare il Campari dry Jin o la Piña Colada. Un luogo dove poter fare ed assistere a spettacoli teatrali che non volessero solo intrattenere un pubblico, che, stanco di aver lavorato (nella migliore delle ipotesi) o, magari, di non aver fatto nulla tutto il giorno, non avesse più la volontà (nella migliore delle ipotesi) o, magari, non fosse più capace di dover far funzionare il cervello ed avrebbe preferito sentir contar barzellette. Non ho niente contro le barzellette, è solo che non le so raccontare. Non l'ho mai saputo fare. Eppure mi piacciono. Sono cresciuto con le barzellette. La mia preferita era quella dell'uovo. Un uomo va dal medico e dice: “Dottore, ho il verme taglierino.” Il medico gli dice: “Per tre giorni dobbiamo infilare nel culo un uovo sodo. Il quarto giorno sospendiamo. Così il verme esce fuori e dice: Oji uvu nenti? - E noi lo prendiamo!”. Non fa ridere perché non l'ho saputa raccontare. Saper fare ridere è un arte. Oltre al fatto che può essere utile. A prendere per il culo la gente, per esempio. Dico, quando non ci sarebbe niente da ridere. Perché se si ride quando c'è da ridere: ha senso. Ci si diverte. Ma se non c'è niente da ridere? Forse si ride per non piangere. E chi ci ha fatto ridere non ci ha detto la verità. Il teatro è una cosa seria. Ci racconta la realtà. Sempre. Non la falsifica. Ci emoziona. Perché è vero. Non ha nessun altro interesse se non quello di emozionarci. Non ha bisogno di sbatterci in faccia il culo di “attricette e sgallettete varie” per scatenare gli ormoni, infiammarci i sensi e farci scordare di essere ancora vivi. Viva il teatro! Abbasso il viagra!
OPS. Ho usato tre volte la parola “culo”. Ogni riferimento a facce o persone è puramente casuale.
Salvatore Nocera
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