A suitcase, covered by painted fabric, is a metaphor but also a worn out trace of the trip that the artist has made from Hong Kong to Palermo. In the suitcase, all that was painted and used will be carried along for the Italian show. Whereas the suitcase refers to the concept of movement, the pieces of fabric carried in the suitcase are traces of the artist's life and experience.
Galleria dell’Arco Palermo, is pleased to announce the first italian solo show by Lee Kit (Hong Kong, 1978). One of the most interesting figures of the emerging chinese young scene, he has already taken part to several important international projects, featuring, among others, in Younger than Jesus, published by Phaidon in 2009.
The project presented in Palermo is part of the most recent research of the artist, “an exploration of everyday life using hand-painted clothes that function as traces, silent footprints of their own passage,” as the curator Helga Marsala writes.
Lee Kit uses neutral color pieces of fabric, customizes them with minimal, geometrical patterns, and finally transforms them into table-cloths, curtains, bed-sheets, and napkins, destined to a daily, regular use. A series of snapshots, deprived of any affected aestheticism, testifies of the newly acquired status of these pieces of fabric: the photographs are displayed along with the cloths themselves, the former documenting the latter and aiming at illustrating the intimate dimension of the artist ‘s life.
Lee Kit’s work takes form as action, documentation, and installation. The project presented in Palermo, focuses on the theme of journey. A suitcase, covered by painted fabric, is a metaphor but also a worn out trace of the trip that the artist has made from Hong Kong to Palermo. In the suitcase, all that was painted and used will be carried along for the Italian show. Whereas the suitcase refers to the concept of movement, the pieces of fabric carried in the suitcase are traces of the artist's life and experience. A series of works will be completed in Palermo, to embody the the present-day dimension.
As the curator says: “The use of found objects represents for Lee Kit a further reference to his own intimate dimension. The object becomes unpretentious and genuine: ordinary leftover, enclosed into its own status of a-functional objects, and converted into a linguistic remark upon the space.”
A Suitcase - Lee Kit solo show
Nel progetto palermitano questa modalità viene accostata al tema del viaggio. Una valigia, rivesita di stoffa dipinta, è esposta in galleria come metafora e insieme come traccia logora del viaggio compiuto dall’artista da Honk Kong fino a Palermo. Dentro egli ha riposto i suoi tessuti, precedentemente dipinti e riutilizzati, quindi selezionati per l’esposizione.
La Galleria dell’Arco, nella sua sede di Palermo, è lieta di presentare la prima personale italiana di Lee Kit, giovane artista nato a Hong Kong nel 1978, tra le figure più interessanti dell’attuale scena emergente cinese, già protagonista di alcuni importanti progetti internazionali: tra questi la partecipazione al volume “Younger than Jesus”, edito nel 2009 da Pahidon.
Il progetto presentato a Palermo si lega alla più recente ricerca dell’artista, “una esplorazione del quotidiano che passa attraverso l’utilizzo di stoffe dipinte a mano, trasformate in tracce silenziose del proprio stesso passaggio, rilevatori umilissimi di una relazione intima e prosaica con le cose di ogni giorno”, scrive il curatore, Helga Marsala. Lee Kit prende dei frammenti di tessuto neutri, li dipinge con pattern astratti-geometrici e li trasforma, in tal modo, in oggetti comuni, mimetizzati con il contesto domestico: di volta in volta ne fa tovaglie, tende, strofinacci, lenzuola, destinati a essere regolarmente utilizzati. A testimonianza del nuovo impiego occasionale, che ha determinato identità e funzione dei tessuti, ci sono delle fotografie, scatti semplici, diretti, privi di velleità estetizzanti. Sia le fotografie dei tessuti, che i tessuti stessi (usati per dormire, per mangiare, per asciugare delle stoviglie, etc…), vengono esposti insieme, gli uni come reperti, le altre come documentazioni, col fine di illustrare episodi inessenziali ed affettivi della vita dell’artista.
In una totale assenza di distacco tra la pratica artistica e lo scorrere del tempo privato, l’opera di Lee Kit vive contemporaneamente in quanto azione, documentazione e forma installativa. Nel progetto palermitano questa modalità viene accostata al tema del viaggio. Una valigia, rivesita di stoffa dipinta, è esposta in galleria come metafora e insieme come traccia logora del viaggio compiuto dall’artista da Honk Kong fino a Palermo. Dentro egli ha riposto i suoi tessuti, precedentemente dipinti e riutilizzati, quindi selezionati per l’esposizione. E se la valigia rimanda all’idea di spostamento, mentre le stoffe sono memorie del lavoro svolto in passato nella propria città, saranno altri elementi residuali – dei rumori registrati in loco, un dono ricevuto all’arrivo, un tessuto o un oggetto rielaborato a Palermo - a rappresentare la dimensione dell’attualità, della presenza. Scirve il curatore: “L’utilizzo di oggetti usati, trovati, donati, recuperati, rappresenta per Lee Kit un’ulteriore rimando al proprio vissuto minimo o alle persone della propria quotidianità. L’oggetto si fa ready made povero e innocente, traccia infinitesimale esposta come un falso feticcio. Si tratta di residui qualunque, racchiusi a volte nella proria aura di cose a-funzionali e opache, a volte trasformati in occasione linguistica per un commento sommesso sullo spazio”.
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