De-riva è un progetto itinerante e, allo stesso tempo, site–specific strettamente connesso con le tematiche del “terzo paesaggio” e si propone di testimoniare e investigare l’identità di quei contesti che hanno subito grandi trasformazioni a livello ambientale, architettonico, sociale, economico e antropologico. In tale prospettiva Cairano, in Irpinia, rappresenta un contesto ideale. La tappa di Cairano ha presentato numerosi ostacoli, e ha determinato in itinere una trasformazione del progetto. Il concetto del progetto/dispositivo De-riva rimane la ricerca del residuo, del bordo del margine (nel progetto originale De-riva x Cairano, dei luoghi ex industriali abbandonati, aree Asi valle Ofanto/invaso di Conza e della scarpa come testimone pretesto di narrazioni umane). Cambia il modo e il luogo della ricerca, arricchito del senso di deriva psicogeografica, di attraversamento. Le nostre De-rive saranno in paese, a piedi. Andremo a cercare persone reali, che si raccontino, gli abitanti rimasti ai bordi del festival. Guardo all’evento festival come ad un temporaneo “paesaggio” istituzionale, soggetto a interessi di varia natura, e alle persone che non vi partecipano come ad un “terzo paesaggio” umano, ai bordi. Vi sarà la possibilità di vedere e sperimentare un aspetto delle dinamiche relazionali e delle pratiche di gestione del territorio, degli spazi, delle persone e delle risorse economiche, di cui si legge o si parla, proprio a proposito di vicende come il terremoto. Cairano è l’Irpinia, è il residuo, ma è anche l’Italia del Sud.
ATTUAZIONE Sarò armata di una Mappa del paese/Rilievo aereofotogrammetrico stampata su di una tovaglia di lino, per seguire una bellissima suggestione del testo di Iain Chambers “Le Mille voci del Mediterraneo”. Chiederò alle persone che incontrerò di mostrarmi una scarpa, pretesto, insieme alla mappa/tovaglia, per ascoltare e raccontare storie. Durante il percorso indosserò un camice verde usa e getta con sopra impressa la mappa del paese, di quelli adoperati per entrare nei reparti fragili di terapia intensiva, poiché intendo attraversare ambienti fragili. Mi accompagnerà filmando Cinzia Sarto.
Il tempo in Irpinia, dopo il Terremoto del 1980, ha cominciato a correre all’impazzata e ha dato una mano alla catastrofe naturale. Il Terremoto (il catastrofico dispositivo della ricostruzione) ha consentito per paradosso all’Irpinia, che condivide il tema dell’attuale identità delle aree rurali con molti luoghi in Europa, di divenire una “periferia” atipica e nel contempo una avanguardia, un luogo speciale per l’elaborazione di questo problema. Se usiamo come chiave di lettura della regione i termini usati da J. Clement nel “Manifesto del terzo paesaggio” l’Irpinia tutta risulta essere un macroframmento di paesaggio residuale. Il territorio è di volta in volta oggetto di interesse delle istituzioni politiche e/o economiche, abbandonato e svuotato dalle migrazioni, attraversato da ondate di denaro (terremoti, rimesse dagli Stati Uniti, finanziamenti europei), ripopolato, riabbandonato. Un “terrain vague” che un momento dopo non c’è più. Esso appare nell’insieme sempre e comunque pieno di buchi, maglie rotte, spazi alla deriva, anche all’interno di uno stesso villaggio .Lo spazio residuale si dà sempre, qui ed ora, non sottoposto a regole, non oggetto di interessi “produttivi”, vuoto. Se estendiamo la nozione di terzo paesaggio agli abitanti, che includo nello scenario, come pastori nel presepe, avremo gruppi umani residuali, detentori della ricchezza antropologica della diversità, dell’invenzione e della possibilità (forse gli umani eredi di quei “non cristiani”, fuori dal tempo, dalla storia e fuori da qualsiasi politica, di Carlo Levi in “Cristo si è fermato ad Eboli”). Quelli che nello specifico sono rimasti.
Alessandra Cianelli@2009 |