Leon d’Oro a cura di Mirta d’Argenzio opening 20 febbraio 2009 ore 19.00
Napoli, Fondazione Morra Greco Largo Avellino, 17 La mostra si protrarrà fino al 20 maggio 2009
La Fondazione Morra Greco è lieta di annunciare Leon d’Oro, una mostra di Douglas Gordon e Jonathan Monk con quattro nuovi film, una misteriosa performance gastronomica ed altre sorprese. A cura di Mirta d’Argenzio.
I due artisti, pur avendo già lavorato insieme, presentano a Napoli per la prima volta una collaborazione concepita e dedicata alla città con un nuovo progetto realizzato specificamente per la Fondazione.
Douglas Gordon e Jonathan Monk condividono lo stesso interesse per il cibo, il bere, la performance, le immagini trovate ed i testi ed entrambi hanno utilizzato in passato sia fotogrammi di film che vecchie fotografie come materiale di diversi lavori. Spazio e tempo costituiscono spesso il soggetto ossessivo delle loro investigazioni.
A Napoli è il piacere dell’improvvisazione e lo spirito dei primi instruction pieces che torna di nuovo ad occupare la scena. Poiché l’intera vicenda artistica dei due parte proprio da quella esplorazione dell’arte come idea che ha origine nel lavoro di artisti dell’Arte Concettuale degli anni Sessanta e Settanta.
Douglas Gordon (1966 Glasgow) ha manomesso e rallentato il ritmo di proiezione di alcuni fra i più iconici film hollywoodiani, di molti mitici concerti rock e di altro materiale di documentazione medica della preistoria cinematografica utilizzandone i fotogrammi come materiale ready made così come ha fatto con i testi delle sue prime performances. Zidane a 21st century portrait (2006) è l’ultimo paradigmatico esempio del suo uso magistrale delle immagini, realizzato in collaborazione con Philip Parreno.
Jonathan Monk (1969, Leicester) ha utilizzato foto degli anni Cinquanta e Sessanta tratte da un vecchio album di famiglia per riscrivere, commentare e smontare il senso comune trasmessoci dalla storia dell’arte. Ha poi considerato le coincidenze, così come ogni altro materiale trovato, come sostanza e spunto per attivare un processo di investigazione attraverso il quale poter mettere in questione il processo stesso del fare arte e la sua percezione. Monk non è interessato esclusivamente ad interrogare l’arte in sé ma, così facendo, ricerca la propria identità di artista e persona. Le sue opere più recenti, fra queste le frequenti citazioni-omaggio a Boetti, come ad altri artisti, non fanno che evidenziare questa pratica.
“Immaginazione morta immagina. Un luogo, ancora quello. Mai un’altra domanda. Un luogo, poi qualcuno, ancora quello.” Il contesto di Quello che è strano, via di S. Beckett (scritto nel 1963, ma pubblicato solo nel 1976), può essere considerato di nuovo come il punto di partenza per questo progetto. Suggerendoci altri modi di ripensare sia il ruolo tradizionale dell’artista che lo stesso processo creativo. E’ come un sottotesto ideale per questo e molti altri lavori. Ancora quello.
La mostra Leon d’Oro consiste in Sublimations of Desire (2008), è il titolo dei quattro diversi film realizzati da Jonathan e Douglas a “quattro mani” e presentati per la prima volta in un’unica installazione. In una stanza diversa una serie di testi intermittenti, saranno parte di un nuovo instruction piece.
Una segreta performance gastronomica verrà poi eseguita da Gordon per Monk. E viceversa. Solo per una notte, durante la serata della vernice, all’esterno, nella vicina Piazza Dante. L’impresa sarà compiuta partendo da un’idea a sorpresa sul cibo e sul bere. E si concluderà con un’esplosione di colori brillanti all’interno della Fondazione Morra Greco.
“Sgabello, pareti nude, quando la luce si accende, facce di donne sulle pareti. Quando la luce si accende. In un angolo quando la luce si accende sintassi a brandelli di…”cibo napoletano, bevande e linguaggio con lo stesso ambiguo e seducente testo. Pure parole. Un antidoto all’insopportabile luogo comune della mozzarella e del Vesuvio.
“Le parole, diceva Mallarmé, possono e devono bastare a se stesse. Hanno la loro potenza personale, la loro forza, la loro individualità, la loro esistenza propria. Hanno abbastanza forza per resistere all’aggressione delle idee.” Degas aveva poi confidato a Ludovic Halévy, il quale l’aveva riportata, che in realtà quella mirabile frase era sua. Aggiungendo però che non aveva molta importanza, poiché comunque riassumeva la teoria di Mallarmé sulle parole.
Degas e Mallarmé alle soglie del Novecento. Il senso profondo della loro collaborazione e delle loro parole si ritrova ancora in questa nostra avventura. Oggi Monk e Gordon lavorano insieme come facevano i due amici. Allo stesso modo. E’ ancora la stessa tela mentale.
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