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Sabato 9 ottobre ore 18.30-21.30
Making a baby videoperformance di Alessandra Cianelli
Cos’è l’arte se non la capacità umana di restituire un’idea, una visione, un sentimento che dalla realtà si sposta in un territorio altro? Tutta l’arte si potrebbe dire è astratta, tutta l’arte è reale. La vertigine, l’essere in bilico di questo attraversamento è lo spazio della creatività. Alessandra Cianelli conosce la dimensione dell’artificio tecnico, manipola le immagini con maestria e sensibilità formale ma l’urgenza che è sottintesa a questo suo lavoro nasce da un sentimento, anzi da quel sentimento primario, direi fondante dell’esistenza stessa che è il ‘fare un figlio’. Il punto di vista è di chi quella forza energetica e creativa lo ha inscritto nei propri geni, nel proprio corpo di donna. Da qui lo spostamento, la riflessione formale intorno a cui l’artista costruisce nel corso del tempo le opere con gli stilemi del proprio linguaggio espressivo: le figurazioni del suo video del 2005 Bambini d’acqua. Bambini di sapone hanno la struttura di un sogno giocoso e infantile, unite a suoni dal sapore ancestrale: la risacca del mare,suoni da cartoni animati. Nel video del 2008 Making a baby. Liquid life recalling place l?azione dell’artista, che modella il sapone nella forma di un feto, è ripresa con una luce radente e i suoni mescolano lo sciabordio dell’acqua con suoni domestici,realtà e memoria, misurando semplicemente il tempo. L’esperienza, lo sperimentare attraverso la tecnica, la ripetizione di queste azioni e l’attualizzare in modo diverso queste emozioni, attraverso modalità espressive differenti, è un modo di portare fuori il magma interiore, e ricercare la partecipazione degli altri, ma è anche vero l’inverso e cioè che il rapporto con l’esteriorità modifica anche l’esperienza interiore. Ecco perché Alessandra scarnifica ancora di più il suo sentire nel progetto attuale: le emozioni di lei che esegue i gesti del modellare il bambino di sapone e poi di immergerlo nella bacinella d’acqua saranno il fulcro della sua azione, scandite dal ritmo del respiro che di queste emozioni è il sismografo più attendibile, come la proiezione, ripresa in diretta dalla videocamera. E come il respiro è l’equivalente della vita stessa, la sua essenza più reale e profonda, così la performance si svolge alla presenza di una donna ‘reale’ incinta e ha come risultato la creazione di opere ‘reali’.La chiusura della performance e’ il confezionamento del ‘bambino’ in busta sottovuoto col marchio see@flower: natura e artificio, ripercorsi con un pathos che non è sentimentalismo, ma vibrante partecipazione dell’esistere contemporaneo.
Angela Tecce
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