In occasione dell’apertura della tournée che vedrà la compagnia bolognese Instabili Vaganti in diverse città italiane tra cui Rimini (Mulino D’Amleto -1 dicembre) e Alghero (Teatro Civico- 8 dicembre) L’Eremita contemporaneo-Made in ILVA sarà in scena martedì 4 dicembre e mercoledì 5 dicembre alle 21 al LIV Performing Arts Centre di Bologna, spazio di creazione artistica gestito dalla compagnia.
Lo spettacolo è ispirato alla vicenda dell’ ILVA di Taranto, la più grande acciaieria d’Europa, ed è il frutto di un accurato lavoro di ricerca e di sperimentazione fisica e vocale sull’inorganicità,la ripetizione seriale e l’alienazione causate dal sistema di produzione contemporaneo. Instabili Vaganti ha raccolto scritti, testimonianze, polemiche, impressioni, emozioni, suggestioni, intervistando direttamente gli operai dell’acciaieria, intrappolati tra il desiderio di evadere e fuggire dalla gabbia d’acciaio incandescente e la necessità di continuare a lavorare in quell’inferno di morti sul lavoro e danni ambientali, per la sopravvivenza quotidiana. L'Eremita contemporaneo, ultima produzione della compagnia Instabili Vaganti, ha debuttato in agosto allo STOFF StockholmFringe Festival di Stoccolma, dove ha ricevuto il consenso del pubblico e della critica che lo ha definito"il momento più intenso dello STOFF".
"Il corpo acrobatico di Nicola Pianzola è spinto al limite, il lavoro è di grande maestria quando l'attore contemporaneamente fluttua nell'aria, recitando i suoi versi, sorretto dalle sue braccia senza mai rimanere senza fiato" Bjorn Gunnarsson, "Kultur&Noie" 21 agosto 2012 "L'espressione della gestualità è così severa e forte che ne cogli lo spirito. Instabili Vaganti lascia che sia il corpo a parlare, e il linguaggio del corpo è universale" Thomas Olsson, "Nyheter" 27 agosto 2012 Lo spettacolo è a ingresso libero ma è prevista una quota di 10 euro corrispondente alla tessera associativa. Dati i posti limitati sarà necessaria una prenotazione.
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L’Eremita Contemporaneo trae ispirazione dal diario di un operaio dell’ILVA di Taranto e dalle testimonianze di alcuni operai, intervistati dalla compagnia che lavorano nella stessa fabbrica, per incontrare i testi poetici di Luigi di Ruscio e Peter Shneider. La trasposizione artistica fa riferimento alla vicenda reale dell’acciaieria più grande d’Europa che condiziona la vita dell’intera città di Taranto e dei suoi lavoratori intrappolati tra il desiderio di evadere e fuggire dalla gabbia d’acciaio incandescente e la necessità di continuare a lavorare per la sopravvivenza quotidiana in quell’inferno di morti sul lavoro e danni ambientali. Lo spettacolo è il frutto di un accurato lavoro di ricerca e di sperimentazione fisica e vocale sul rapporto tra organicità del corpo e inorganicità delle azioni legate al lavoro in fabbrica attraverso il quale emerge una critica all’alienante sistema di produzione contemporaneo che trasforma l’essere umano in una macchina artificiale, un corpo allo spasmo che si muove per reagire al processo di “brutalizzazione” imposto dalla società. L’attore spinge il proprio corpo all’estremo attraverso funamboliche sospensioni, azioni acrobatiche e ripetitive, interagendo continuamente con suoni che diventano ritmi ossessivi e che si trasformano in musiche eseguite dal vivo, in cui le note si intrecciano col canto di una voce femminile che gli ordina “Lavora! Produci! Agisci! Crea!” Egli pone il suo rifugio in una scena composta da strutture metalliche, resa cangiante dall’uso di video-proiezioni che rievocano il contesto della fabbrica, delle numerose fabbriche che ancora esistono come fantasmi di un’epoca moderna ormai trascorsa. Immagini e suoni popolano i suoi sogni, come residui archeologici che si trascinano ancora in vita, come agonizzanti, nella memoria e nei ricordi ossessivi di chi ancora oggi lavora in simili luoghi. Egli attraversa questa sorta di inferno contemporaneo, fatto di ritmi alienanti e spazi distorti, giungendo a spogliarsi della propria identità e ad indossare una maschera anonima, senza volto, per difendere l’essenza del proprio animo. L’eremita contemporaneo insegue una salvezza impossibile, nel tentativo di sentire la propria carne calda, il proprio vivere organico, in contrapposizione al ferro-freddo, al processo di inorganicità al quale ci spingono le regole di produzione dell’attuale sistema sociale, reprimendo la libertà creativa dell’uomo e dell’artista.
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